domenica 20 settembre 2009

Shanah Tovah!

שנה טובה
Le mele andrebbero intinte nel miele perché l'anno sia dolce... noi al miele preferiamo la nutella, ma sarà comunque un anno dolcissimo!

voce di romagna 10 settembre 2009



Nel mondo esistono, o sono esistiti, almeno una quindicina di calendari, modi diversi cioè di suddividere il tempo.
Il calendario gregoriano, ad esempio, adottato in numerosi paesi tra cui l’Italia, determina la durata di anni, mesi e giorni in base al ciclo delle stagioni, al passaggio quindi del sole da uno stesso equinozio e comincia a contare gli anni a partire dalla nascita di Gesù, considerando la data di questo evento come l’anno zero.
Il calendario islamico invece si basa sul moto della luna: i mesi quindi cominciano sempre con la luna nuova, hanno una durata di 29 o 30 giorni e spostano l’inizio delle stagioni ogni anno più avanti di circa 11 giorni. Anche il computo degli anni è diverso rispetto al calendario gregoriano e fa riferimento all’egira, ossia alla fuga che compì Maometto da Mecca a Medina in quello che noi consideriamo il 622 d. C.
Nello Stato d’Israele, accanto al calendario gregoriano, viene normalmente usato anche il calendario ebraico. Questo è lunisolare, fa cioè riferimento sia al sole che alla luna e alterna anni di 12 mesi ad altri di 13, della durata di 29 o 30 giorni; in questo modo le stagioni e le festività ad esse legate cadono sempre più o meno nello stesso periodo. In questo calendario, il conteggio degli anni viene fatto partire dalla creazione del mondo, calcolata in base ad indicazioni contenute nella Bibbia, intorno al 3760 a. C. Considerando che la tradizione rabbinica ritiene che l’anno 1 cominci il 6 ottobre 3761 a.C. e tenendo conto dell’oscillazione delle stagioni, tra qualche giorno, esattamente il 19 e 20 settembre, entreremo nell’anno 5770.
Rosh haShanah, letteralmente capo dell’anno, diversamente da quanto si possa pensare paragonandolo all’idea più diffusa del capodanno, non è affatto una festa mondana e ha, invece, una connotazione fortemente religiosa. Secondo i testi sacri, all’inizio di ogni nuovo anno, Dio prende in esame la condotta di ogni singolo uomo e ne valuta il comportamento, che verrà poi giudicato il giorno di Kippur. Rosh haShanah inaugura, quindi, un periodo, della durata di dieci giorni -tanto è all’incirca il tempo che intercorre tra le due festività-, in cui ogni ebreo esamina il proprio comportamento e chiede perdono al prossimo e a Dio dei torti commessi.
Caratterizza la festività di Rosh haShanah il suono dello shofar alla fine della lettura della Torah. Secondo Barah, che ci fa strada attraverso le festività di Tishrei, primo mese del nuovo anno, è preferibile usare un corno di montone in ricordo del sacrificio di Isacco e opportunamente incurvato a simboleggiare la deferenza del cuore nei confronti di Dio, il suo suono ha il potere di “risvegliare” il popolo ebraico.
I due giorni di Rosh haShanah sono considerati un solo lungo giorno, dedicato alla preghiera e alla riflessione; non manca tuttavia un rituale che, anche se ha una radice religiosa, acquisisce valore anche per i laici: si usa ad esempio recarsi presso un corso d’acqua, o semplicemente una fontana cittadina, e fare il tashlih. Il tashlih è il gesto di svuotare le proprie tasche e di lanciarne il contenuto nell’acqua; se per i religiosi le tasche sono metafora dell’anima e il contenuto simboleggia il peccato da cui liberarsi, per gli ebrei laici, ci spiega Barah, è comunque un momento propizio per liberarsi di ciò che limita e fare buoni propositi per l’anno in arrivo.
Anche la tavola del Seder di Rosh haShanah è ricca di cibi e pietanze che hanno una valenza religiosa o sono di buon augurio per l’anno entrante. Fanno infatti parte dei piatti che compongono la cena del primo giorno un pezzettino di carne proveniente dal capo di un agnello o di un pesce per simboleggiare il primato nelle osservanze, una hallah (pane intrecciato caratteristico dello Shabbat) di forma rotonda per ricordare la circolarità dell’anno; ma anche la melagrana perché l’anno nuovo sia prospero o le fette di mela intinte nel miele perché questo sia dolce.
Alla fine della nostra chiacchierata, Barah ci saluta augurandoci “Hashanah tovah vemetukah”, un anno buono e dolce. Noi da parte nostra, apprestandoci a festeggiare il nostro primo Rosh haShanah, ci auguriamo di avere la possibilità di conoscere e celebrare qui anche tutte le altre feste del calendario ebraico!
fpunto@hotmail.it

sabato 5 settembre 2009

voce di romagna 3 settembre 2009


Ester, detta Estica, è nata a Zagabria nel 1929 e ora vive in Israele, a Merhavia, un kibbutz della Galilea nel nord del paese, ma la sua storia è strettamente legata all’Italia. Andiamo a trovarla insieme a Luciano e Chiara, due amici dell’Associazione Culturale “Il Fiume” di Stienta in provincia di Rovigo. Estica ci accoglie con un sorriso che le illumina tutto il viso e anche se non è la prima volta che ci vediamo e spesso ci sentiamo per telefono, subito ci dice nel suo italiano arrugginito, ma comunque assolutamente comprensibile: “Sono qui ora è grazie a Italia. Dico sempre ai miei figli e nipoti che senza gli italiani non ci sarebbero loro. Io amo Italia”.
A partire dal 2004, l’Associazione “Il Fiume”, attraverso un paziente lavoro d’archivio, ha ricostruito la storia di Estica e di altri 116 Ebrei stranieri che, tra il 1941 e il 1943 sono stati in “internamento libero”, cioè in stato di fermo sotto il controllo delle autorità fasciste, in alcuni piccoli Comuni del Polesine; è poi riuscita a ripercorrerne a ritroso il percorso, a rintracciarla in Israele e ad invitarla, dopo più di 60 anni, in occasione della Giornata della Memoria, a Costa di Rovigo.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, Estica risiedeva a Zagabria con la famiglia. I genitori gestivano un piccolo negozio di alimentari vicino alla zona industriale. I rapporti con i clienti, quasi tutti operai occupati nei dintorni, erano buoni e spesso, ci racconta Estica, i genitori davano cibo a credito a chi era in difficoltà. Dopo l'invasione della Jugoslavia da parte dei tedeschi nel 1941 le cose cambiarono: i nazisti costrinsero la famiglia di Estica ad abbandonare la propria casa, ma fortunatamente, alcuni conoscenti, tra cui ex operai ora arruolati nelle file degli ustascia (ultranazionalisti croati), li aiutarono a ritornare a casa loro.
Nel 1942 il papà decise di aggregarsi ai partigiani per combattere i nazisti. La mamma e la zia, sentendosi sicure, decisero di rimanere a casa insieme ai vecchi e ai bambini. Credevamo, sottolinea Estica, che questi non servissero ai nazisti, che rastrellassero solo uomini abili al lavoro. Ad ogni modo, Estica venne affidata ad una "buona donna", così ricorda Estica la definiva la sua mamma, con la preghiera di accompagnarla in Italia, dallo zio Ido, fratello della mamma, internato con tutta la sua famiglia a Costa di Rovigo .
La vita con gli zii non era semplice, ma comunque accettabile: una volta al mese Estica e la famiglia dello zio si recavano con la Littorina (treno) da Costa a Rovigo a fare il bagno ai bagni pubblici e, racconta ancora Estica ,tutti a Costa le volevano bene e si interessavano alla sua salute.
La madre le scriveva lettere o cartoline postali nelle quali fiduciosamente scriveva: "Popolo italiano salverà la mia bambina".
Le cartoline cessarono il 3 maggio 1943: quel giorno la mamma di Estica venne arrestata e deportata con l'ultimo convoglio da Zagabria, un treno composto quasi esclusivamente da anziani, donne e bambini. Anche la notizia dell'arresto della mamma arrivò a Estica tramite una cartolina postale.
Dopo l'8 settembre 1943 e la firma dell’armistizio tra Italia e Angloamericani, la situazione precipitò anche a Costa. Il podestà avvisò lo zio che dopo pochi giorni avrebbe dovuto arrestarli e consegnarli ai tedeschi e consigliò loro di scappare. Alcuni giorni dopo, condotto da un italiano, un calesse trainato da un cavallo caricò gli zii, la cuginetta ed Estica: il piccolo nucleo si mosse in direzione Colli Euganei con destinazione Pontemanco, Padova, e la raccomandazione che ad eventuali posti di blocco, avrebbero dovuto dichiarare di essere profughi da Napoli. A Pontemanco una famiglia di antifascisti li nascose prima in un mulino e poi presso un’altra famiglia. Dal dicembre 1943 all’aprile 1945 Estica, gli zii, la cugina e altri tre parenti, rimasero rinchiusi in due piccole stanze senza finestre al primo piano di una piccola abitazione. La porta di accesso al nascondiglio mimetizzata da uno scaffale di bottiglie di vino. La paura di essere visti e denunciati li costrinse a non uscire mai durante tutti e 16 i mesi di reclusione: solo dalle finestre del piano terra, dove scendevano per consumare i pasti, potevano vedere la vita che si svolgeva fuori dalla loro "prigione" forzata.
Una volta finita la guerra, Estica preferì non tornare a Zagabria con gli zii e si unì al flusso incessante di profughi che attraversava l’Italia con la speranza di raggiungere la Terra Promessa. Nel giugno del 1946 riuscì ad imbarcarsi clandestinamente da un porto della Puglia e ad arrivare in Palestina.
Da allora sono passati 63 anni, a Merchavia Estica ha rincontrato un compagno di scuola di Zagabria, si è sposata e ha avuto tre figli, ma l’amore e il legame con l’Italia è rimasto immutato.
fpunto@hotmail.it
Ringraziamo Luciano, Chiara e l’Associazione “Il Fiume” per averci fatto conoscere Estica, la sua storia e i risultati della loro ricerca.